Chi tra i nostri docenti, diplomati e studenti può dire di non averlo amato, odiato, incompreso, venerato?Dalla fine degli anni ‘50 fino a pochi mesi fa, per 60 anni, ci ha spronato a crescere, riflettere, immaginare, sperimentare, e confrontarsi con la base della nostra arte: il linguaggio cinematografico.Come non ricordare il giovane Jean Paul Belmondo che accarezzava le sue labbra guardandoci in macchina in “A bout de souffle”, la deliziosa Anna Karina che piangeva al cinema vedendo “La passione di Giovanna d’Arco” di Dreyer, dimenticando per qualche ora il suo triste lavoro di prostituta come non essere spronati alla riflessione dai suoi film “elettronici/sperimentali” degli anni ‘70, quando “un altro mondo” sembrava possibile, fino agli ultimi arditi sperimentalismi visivi e sonori di “ Adieu au langage” e “Le livre d’image”?A noi rimane, adesso, il compito di continuare a crescere, riflettere, immaginare, sperimentare e confrontarci con il linguaggio cinematografico.